Autostima

Livelli bassi di autostima costituiscono un fattore trasversale a diversi disturbi mentali, tra cui disturbi depressivi e disturbi dansia. Non avere una buona stima di s significa avere paura di esporsi agli altri, sentirsi inferiori, non adeguati a svolgere quel determinato lavoro, non adeguati ad essere quel tipo di persona, non adeguati abbastanza per autoaffermarsi, per perseguire i propri sogni e desideri.Scrivere di questo argomento mi sta molto a cuore perch tale sentimento di inadeguatezza ha caratterizzato per molto tempo la vita di una paziente a cui tengo molto, che in questo articolo chiameremo F. F. ha sentito la necessit di intraprendere un percorso psicoterapeutico quando ha iniziato ad interfacciarsi con il mondo del lavoro. In queste situazioni la ragazza si resa conto di quanto, seppure stesse svolgendo quelli che lei stessa definiva lavoretti da studentessa, tendesse a mettersi in una posizione di totale subalternit rispetto ai suoi superiori, rapportandosi ad essi come se questi fossero limportante capo su cui dover far colpo. Per molto tempo F. ha giustificato queste sue modalit di rapportarsi agli ambienti lavorativi come un semplice tratto da stakanovista, modalit tanto incentivata dalla nostra societ che, come sappiamo, punta tutto sulliperproduttivit, sul dare sempre il massimo ed essere ultra efficienti. F. mi ha spesso parlato di momenti in cui ha avuto paura e ha provato ansia nel dover chiedere ai vari responsabili anche solo un giorno di malattia. Ed qui che ho potuto avere conferma al fatto che F. non sentisse la necessit di dedicarsi cos tanto al lavoro per amore di questo, ma perch spinta da forze di cui non era ancora conoscenza. La domanda da porsi in questi casi i sacrifici che fai, li fai con sofferenza o li fai con piacereMa torniamo a noi. Come vi dicevo, ogni volta in cui F. si trovava a dover chiedere qualcosa per s al capo del momento, stava male e finiva col sacrificare il proprio bisogno. A tal proposito, un giorno ho chiesto alla mia dolce paziente cosa credeva che le sarebbe successo se avesse dato voce al suo bisogno, autoaffermandosi rispetto a questo credo che sembrerei meno professionale, meno efficiente. Un buon dipendente non da problemi. Ecco qui, in ununica risposta F. aveva mostrato le sue credenze su s stessa, sugli altri e sul mondo, unite anche ad una bella contaminazione genitoriale.Potremmo riformulare la risposta di F. in questo modo SE non sono sempre pronta a rispondere ai desideri dellaltro ALLORA non sono ok di conseguenza un sei ok SOLO SE compiaci laltro. Queste convinzioni lasciano intravedere quanto valore la paziente desse agli altri, al loro volere e al loro giudizio e, di conseguenza, quanto poco ne desse a s stessa. Esistere solo in funzione degli altri vuol dire non avere una propria identit ben definita e degna di valore nella sua essenza di essere umano.Cosa immaginate sia successo quando F. ha iniziato a progettare di lanciare la sua attivit privata, attivit in cui non aveva alcun capo da compiacere Inizialmente la ragazza mi aveva comunicato tutto il suo entusiasmo, pensando che nellautogestione del lavoro avrebbe trovato la felicit, potendo stabilire autonomamente le proprie modalit di lavoro senza doversi piegare al volere dellaltro, e invece SORPRESA cos non stato. Il temibile altro da rispettare e da temere diventata lipotetica utenza a cui si rivolgeva, ma anche i conoscenti, i familiari e gli amici, testimoni di questa sua attivit nascente. cos che la sua ansia si triplicata Come posso presentarmi in maniera professionale ai miei clienti clienti che possono presentare necessit e richieste cos diverse tra di lorocome faccio ad essere CERTA di poter essere sempre allaltezza della situazione Come posso riuscire a compiacere cos tante persone, il 90 delle quali non conosco nemmeno divenuto cos chiaro, anche per F., come in lei fosse attivo un dialogo interno molto svalutante. Un sei ok solo se corrisponde ad un a meno che tu non faccia come io il resto del mondo ti ho detto NON SARAI OK. Si tratta di una situazione che nessun essere umano pu tollerare.Questo di F. un esempio, ma esistono diverse situazioni di vita in cui pu verificarsi questa dinamica. Pensiamo a quelle relazioni di coppia in cui uno dei due partner tende a sottomettersi totalmente alla volont dellaltro, talvolta arrivando ad accettare anche abusi verbali eo fisici, mettendo a tacere quelli che sono i propri bisogni e desideri pensiamo alle relazioni amicali, in cui ci si pu porre nelle discussioni con modalit passive, non avendo il coraggio di esprimere la propria opinione, soccombendo al volere dellaltro oppure pensiamo a quelle persone che sacrificano le loro aspirazioni, preferendo dipendere da un superiore per tutta la loro vita, in quanto cos facendo si rendono meno soggetti a possibilit di fallimento, dovendo compiacere ununica persona. Molte persone tendono quindi a non mettersi mai alla prova, certi di un loro probabile fallimento. Per queste persone la costante anticipazione di fallimenti e delusioni considerata come il migliore antidoto alle emozioni che si verificherebbero in occasioni di perdite reale, in quanto in questo modo sentono di poter controllare la loro vita, non dovendo mai essere colti dalle improvvise svalutazioni altrui, tuttavia ignari delle autolimitazioni che si stanno gi auto-imponendo.Il non sentirsi mai allaltezza della situazione, mai abbastanza formati per occupare quella posizione di lavoro, da alcuni studiosi anche chiamata sindrome dellimpostore ovvero vivere con sentimenti di colpa e di imbarazzo i successi ottenuti, reputandoli dovuti a fattori esterni e non alle loro capacit, le quali sono puntualmente sminuite eo ignorate. Ma da dove deriva tutto ci ahim, mi dispiace dirlo, ma queste convinzioni su noi stessi, sugli altri e sul mondo, le ricaviamo dalla nostra infanzia. Questo non vuol dire che abbiamo avuto dei genitori mostruosi che ci hanno continuamente svalutato o maltrattato anche se, purtroppo, questa situazione pu corrispondere a realt per alcune persone. I nostri genitori, nella stragrande maggioranza dei casi, sono esseri umani, con i loro momenti felici e i loro momenti di stress, che hanno fatto il possibile per crescerci nel migliore dei modi, ma che purtroppo non sempre ci sono riusciti, perch umano sbagliare qualche volta. Importante anche ricordarci di come il pensiero del bambino non corrisponda ad il pensiero delladulto che siamo ora o che vorremmo essere. Il pensiero dei bambini un pensiero magico, fatto di rigidit, di limitatezze e di intuizioniun bambino pu interpretare una piccola punizione, un confronto tra fratelli, una semplice espressione del volto del genitore come un giudizio assoluto su s stesso, e ci gli pu bastare per trarne una certezza su di s e su come crede che proseguir la sua vita.Quindi cosa fare ora che siamo adulti beh, il primo passo rendersi conto di quelle che sono le nostre convinzioni errate, tirandoci fuori da quel circolo vizioso di auto-svalutazioni e auto-sabotaggio. Ad es non vero che i dipendenti devono essere sempre presenti, chiunque si pu ammalare, e chiunque pu chiedere dei permessi, ogni contratto di lavoro lo concede. Oltretutto ogni datore di lavoro ha una sua personalit, e avr delle proprie idee circa il modo in cui vorrebbe che il suo dipendente svolgesse il lavoro affidatogli. Certamente potr esserci il datore di lavoro burbero che criticher qualsiasi cosa tu faccia, e che loder solo il tuo collega che si dedica al lavoro h24, ma potrebbe esserci anche un capo che sia un buon leader, che si renda conto delle esigenze dei propri dipendenti e che, anzi, preferisca investire nel loro benessere, fisico e mentale, in quanto sa che da questo dipender la qualit del loro rendimento lavorativo. Non possiamo ritenere che le nostre idee siano corrette a priori, altrimenti ricadiamo in quel tipo di pensiero magico e onnipotente, del tipo bianco o nero, che possedevamo da bambini. Mettere in discussione le convinzioni che limitano la nostra autonomia di fondamentale importanza, in quanto ci aiuta ad accrescere il nostro esame di realt, rendendoci conto che non esiste un unico modo di vedere le cose, e che la realt pu anche differire dalle nostre aspettative. In secondo luogo, importante riuscire a riconoscersi il proprio valore, partendo dalle piccole cosedi cui si riesce a riconoscersi il merito, e anon proiettarsi nel futuro, pretendendo da noi stessi cose che normale non essere in grado di fare nel momento presente es non puoi paragonarti ad un tennista professionista se hai appena iniziato a prendere lezioni di tennis. Un altro problema delle persone con bassa autostima sta nel non essere in grado di accettare i complimenti delle personeesterne, per cui importante sforzarsi di lavorare anche su questo. Accogli i riconoscimenti positivi che ricevi, decidi di credere a chi si complimenta con te per la tua gentilezza, professionalit, bravura, ecc non svalutare questi feedback solo perch non corrispondono al tuo pensiero. Ricorda che c sempre pi di un modo di vedere le cose, e che forse un osservatore esterno, neutrale, pu cogliere la tua essenza privo dei filtri negativi che tu tendi ad importi.Il passo successivo deve essere quello di prenderti cura di ci che stai scoprendo. Affidati ad un esperto che ti possa aiutare a riscoprire e a rafforzare il valore che hai e quello che il tuo diritto di vivere pienamente su questa terra. Riconoscere che un certo aspetta della nostra vita ci fa soffrire faticoso e doloroso, ma anche il principale motore di movimento. I sintomi sperimentati rappresentano, infatti, una potenziale spinta al cambiamento. Psicologa Psicoterapeuta a Vicenza, la Dott.ssa Cristiana Brunetti riceve su appuntamento per percorsi di psicoterapia o consulenze singole. Pratica clinica per consulenze, colloqui psicologici e di psicoterapia rivolti ad adulti, bambini, adolescenti e coppie. Disturbi dellumore, Disturbi dansia, Sostegno alla genitorialit, Difficolt scolastiche, Disturbi dellalimentazione, Difficolt relazionali, Problematiche legate allautostima e allautoaffermazione, Elaborazione di lutti e traumi, Terapia di coppia.

Autostima
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1000-666
novembre
23
Autostima
A CURA DI CRISTIANA BRUNETTI IN  ARTICOLI 
Livelli bassi di autostima costituiscono un fattore trasversale a diversi disturbi mentali, tra cui disturbi depressivi e disturbi d’ansia. Non avere una buona stima di sé significa avere paura di esporsi agli altri, sentirsi inferiori, non adeguati a svolgere quel determinato lavoro, non adeguati ad essere quel tipo di persona, non adeguati abbastanza per autoaffermarsi, per perseguire i propri sogni e desideri.

Scrivere di questo argomento mi sta molto a cuore perché tale sentimento di inadeguatezza ha caratterizzato per molto tempo la vita di una paziente a cui tengo molto, che in questo articolo chiameremo F.
F. ha sentito la necessità di intraprendere un percorso psicoterapeutico quando ha iniziato ad interfacciarsi con il mondo del lavoro. In queste situazioni la ragazza si è resa conto di quanto, seppure stesse svolgendo quelli che lei stessa definiva “lavoretti da studentessa”, tendesse a mettersi in una posizione di totale subalternità rispetto ai suoi superiori, rapportandosi ad essi come se questi fossero l’importante capo su cui dover far colpo. Per molto tempo F. ha giustificato queste sue modalità di rapportarsi agli ambienti lavorativi come un “semplice” tratto da stakanovista, modalità tanto incentivata dalla nostra società che, come sappiamo, punta tutto sull’iperproduttività, sul dare sempre il massimo ed essere ultra efficienti.
F. mi ha spesso parlato di momenti in cui ha avuto “paura” e ha provato “ansia” nel dover chiedere ai vari responsabili anche solo un giorno di malattia. Ed è qui che ho potuto avere conferma al fatto che F. non sentisse la necessità di dedicarsi così tanto al lavoro per amore di questo, ma perché spinta da forze di cui non era ancora conoscenza. La domanda da porsi in questi casi è: i sacrifici che fai, li fai con sofferenza o li fai con piacere?
Ma torniamo a noi. Come vi dicevo, ogni volta in cui F. si trovava a dover chiedere qualcosa per sé al capo del momento, stava male e finiva col sacrificare il proprio bisogno. A tal proposito, un giorno ho chiesto alla mia dolce paziente cosa credeva che le sarebbe successo se avesse dato voce al suo bisogno, autoaffermandosi rispetto a questo: “credo che sembrerei meno professionale, meno efficiente. Un buon dipendente non da problemi”. Ecco qui, in un’unica risposta F. aveva mostrato le sue credenze su sé stessa, sugli altri e sul mondo, unite anche ad una bella “contaminazione” genitoriale.
Potremmo riformulare la risposta di F. in questo modo: “SE non sono sempre pronta a rispondere ai desideri dell’altro ALLORA non sono ok”; di conseguenza un “sei ok SOLO SE compiaci l’altro”. Queste convinzioni lasciano intravedere quanto valore la paziente desse agli altri, al loro volere e al loro giudizio e, di conseguenza, quanto poco ne desse a sé stessa. Esistere solo in funzione degli altri vuol dire non avere una propria identità ben definita e degna di valore nella sua essenza di essere umano.



Cosa immaginate sia successo quando F. ha iniziato a progettare di lanciare la sua attività privata, attività in cui non aveva alcun capo da compiacere? Inizialmente la ragazza mi aveva comunicato tutto il suo entusiasmo, pensando che nell’autogestione del lavoro avrebbe trovato la felicità, potendo stabilire autonomamente le proprie modalità di lavoro senza doversi piegare al volere dell’altro, e invece… SORPRESA! così non è stato. Il temibile “altro” da rispettare e da temere è diventata l’ipotetica utenza a cui si rivolgeva, ma anche i conoscenti, i familiari e gli amici, testimoni di questa sua attività nascente. È così che la sua ansia si è triplicata: “Come posso presentarmi in maniera professionale ai miei clienti? clienti che possono presentare necessità e richieste così diverse tra di loro…come faccio ad essere CERTA di poter essere sempre all’altezza della situazione? Come posso riuscire a compiacere così tante persone, il 90% delle quali non conosco nemmeno?”
è divenuto così chiaro, anche per F., come in lei fosse attivo un dialogo interno molto svalutante. Un “sei ok solo se…” corrisponde ad un “a meno che tu non faccia come io (il resto del mondo) ti ho detto NON SARAI OK”. Si tratta di una situazione che nessun essere umano può tollerare.
Questo di F. è un esempio, ma esistono diverse situazioni di vita in cui può verificarsi questa dinamica. Pensiamo a quelle relazioni di coppia in cui uno dei due partner tende a sottomettersi totalmente alla volontà dell’altro, talvolta arrivando ad accettare anche abusi verbali e/o fisici, mettendo a tacere quelli che sono i propri bisogni e desideri; pensiamo alle relazioni amicali, in cui ci si può porre nelle discussioni con modalità passive, non avendo il coraggio di esprimere la propria opinione, soccombendo al volere dell’altro; oppure pensiamo a quelle persone che sacrificano le loro aspirazioni, preferendo dipendere da un superiore per tutta la loro vita, in quanto così facendo si rendono meno soggetti a possibilità di fallimento, dovendo compiacere un’unica persona. Molte persone tendono quindi a non mettersi mai alla prova, certi di un loro probabile fallimento. Per queste persone la costante anticipazione di fallimenti e delusioni è considerata come il migliore antidoto alle emozioni che si verificherebbero in occasioni di perdite reale, in quanto in questo modo sentono di poter controllare la loro vita, non dovendo mai essere colti dalle improvvise svalutazioni altrui, tuttavia ignari delle autolimitazioni che si stanno già auto-imponendo.
Il non sentirsi mai all’altezza della situazione, mai abbastanza formati per occupare quella posizione di lavoro, da alcuni studiosi è anche chiamata “sindrome dell’impostore”: ovvero vivere con sentimenti di colpa e di imbarazzo i successi ottenuti, reputandoli dovuti a fattori esterni e non alle loro capacità, le quali sono puntualmente sminuite e/o ignorate.

Ma da dove deriva tutto ciò? ahimè, mi dispiace dirlo, ma queste convinzioni su noi stessi, sugli altri e sul mondo, le ricaviamo dalla nostra infanzia. Questo non vuol dire che abbiamo avuto dei genitori mostruosi che ci hanno continuamente svalutato o maltrattato (anche se, purtroppo, questa situazione può corrispondere a realtà per alcune persone). I nostri genitori, nella stragrande maggioranza dei casi, sono esseri umani, con i loro momenti felici e i loro momenti di stress, che hanno fatto il possibile per crescerci nel migliore dei modi, ma che purtroppo non sempre ci sono riusciti, perché è umano sbagliare qualche volta. Importante è anche ricordarci di come il pensiero del bambino non corrisponda ad il pensiero dell’adulto che siamo ora o che vorremmo essere. Il pensiero dei bambini è un pensiero magico, fatto di rigidità, di limitatezze e di intuizioni…un bambino può interpretare una piccola punizione, un confronto tra fratelli, una semplice espressione del volto del genitore come un giudizio assoluto su sé stesso, e ciò gli può bastare per trarne una certezza su di sé e su come crede che proseguirà la sua vita.
 


Quindi cosa fare ora che siamo adulti? beh, il primo passo è rendersi conto di quelle che sono le nostre convinzioni errate, tirandoci fuori da quel circolo vizioso di auto-svalutazioni e auto-sabotaggio. Ad es: non è vero che i dipendenti devono essere sempre presenti, chiunque si può ammalare, e chiunque può chiedere dei permessi, ogni contratto di lavoro lo concede. Oltretutto ogni datore di lavoro ha una sua personalità, e avrà delle proprie idee circa il modo in cui vorrebbe che il suo dipendente svolgesse il lavoro affidatogli. Certamente potrà esserci il datore di lavoro burbero che criticherà qualsiasi cosa tu faccia, e che loderà solo il tuo collega che si dedica al lavoro h24, ma potrebbe esserci anche un capo che sia un buon leader, che si renda conto delle esigenze dei propri dipendenti e che, anzi, preferisca investire nel loro benessere, fisico e mentale, in quanto sa che da questo dipenderà la qualità del loro rendimento lavorativo. Non possiamo ritenere che le nostre idee siano corrette a priori, altrimenti ricadiamo in quel tipo di pensiero magico e onnipotente, del tipo bianco o nero, che possedevamo da bambini. Mettere in discussione le convinzioni che limitano la nostra autonomia è di fondamentale importanza, in quanto ci aiuta ad accrescere il nostro esame di realtà, rendendoci conto che non esiste un unico modo di vedere le cose, e che la realtà può anche differire dalle nostre aspettative.
In secondo luogo, è importante riuscire a riconoscersi il proprio valore, partendo dalle piccole cose di cui si riesce a riconoscersi il merito, e a non proiettarsi nel futuro, pretendendo da noi stessi cose che è normale non essere in grado di fare nel momento presente (es: non puoi paragonarti ad un tennista professionista se hai appena iniziato a prendere lezioni di tennis!). Un altro problema delle persone con bassa autostima sta nel non essere in grado di accettare i complimenti delle persone esterne, per cui è importante sforzarsi di lavorare anche su questo. Accogli i riconoscimenti positivi che ricevi, decidi di credere a chi si complimenta con te per la tua gentilezza, professionalità, bravura, ecc… non svalutare questi feedback solo perché non corrispondono al tuo pensiero. Ricorda che c’è sempre più di un modo di vedere le cose, e che forse un osservatore esterno, neutrale, può cogliere la tua essenza privo dei filtri negativi che tu tendi ad importi.
Il passo successivo deve essere quello di prenderti cura di ciò che stai scoprendo. Affidati ad un esperto che ti possa aiutare a riscoprire e a rafforzare il valore che hai e quello che è il tuo diritto di vivere pienamente su questa terra. Riconoscere che un certo aspetta della nostra vita ci fa soffrire è faticoso e doloroso, ma è anche il principale motore di movimento. I sintomi sperimentati rappresentano, infatti, una potenziale spinta al cambiamento.
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    Dopo aver conseguito la laurea triennale in “Scienze e tecniche psicologiche” presso l’università degli studi di Napoli Federico II, mi sono trasferita a Padova dove, nel 2016, ho ottenuto la laurea magistrale in “Psicologia clinico dinamica” presso l’università degli studi di Padova. In seguito all’abilitazione alla professione di psicologo e all’iscrizione all’albo professionale (sez. A), ho proseguito i miei studi iscrivendomi ad una scuola di specializzazione in psicoterapia dinamica integrata (il CPD di padova) e, nel febbraio 2022, ho ottenuto il titolo finale di "Psicoterapeuta".
    Oltre ad aver lavorato per diversi anni nel settore educativo, dal 2016 al 2017 ho prestato servizio come tirocinante psicologa presso l’equipe adozioni di Padova, sita all’interno dell’ULSS 6 Euganea, e dal 2018 al 2021 ho lavorato come specializzanda in psicoterapia presso il “Centro di salute mentale” e presso il servizio di "Psicologia ospedaliera", entrambi appartenenti all'ULSS 8 Berica.
    Nel 2019 ho deciso di avviare la mia attività privata di psicologa e psicoterapeuta; attualmente ricevo adulti, minori e coppie a Vicenza (VI),
    Nel 2021 ho iniziato a lavorare con "Uno bravo", servizio di psicologia online, per cui erogo sedute a distanza.
    Dal 2022, inoltre, collaboro con "Reach aut", società per la quale svolgo sedute di psicoterapia in lingua inglese, rivolte a militari americani e alle loro famiglie.
     
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    Analisi Transazionale,
    Lavoro secondo l’approccio dell’Analisi Transazionale (A.T.), teoria psicologica e approccio di psicoterapia che, pur essendo figlia della Psicoanalisi, ha come punto di forza l’utilizzo di concetti concreti, tangibili, e facilmente comprensibili.
    Modello degli stati dell’Io
    Secondo questo modello tutti i modi in cui gli individui si comportano, pensano, e sentono, possono essere ricondotti a tre stati dell’Io, chiamati “Genitore”, “Adulto” e “Bambino”.
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