
Dagli stereotipi delle vecchie generazioni
“Li ti fanno il lavaggio del cervello!”
Ai clichè hollywoodiani
«Facendo la psicoanalisi, risultò che tendevo al suicidio. Mi sarei ucciso ma… il mio psicanalista era freudiano rigido e quelli se ti ammazzi, te li ritrovi con la parcella in mano fin dentro al loculo» [Dal film “Io e Annie” di Woody Allen]
Ai resoconti catastrofici di amici o conoscenti
“La terapia dura 10 anni, me l’ha detto il marito di mia cugina”
MA COSA SUCCEDE DAVVERO IN TERAPIA??
e, soprattutto,
COSA DEVO ASPETTARMI DAL PRIMO COLLOQUIO CON IL MIO PSICOLOGO/PSICOTERAPEUTA?
Solitamente la prima domanda che viene posta al paziente che varca la soglia dello studio prescelto sarà qualcosa tipo “Cosa la porta qui da me?”, “Come mai è qui?”, “Cosa posso fare per lei?” ecc… Questa domanda, all’apparenza tanto banale, permette al paziente di introdurre il tema centrale che lo ha spinto a richiedere un consulto.
Nel rispondere a questa domanda, non temere di avere la risposta perfetta, precisa nei contenuti, nella sequenza temporale, e/o di esprimerla con un lessico forbito. Non serve nemmeno prepararsi la risposta a casa (anche se potrebbe essere naturale sentirne la necessità); solitamente una reazione spontanea è la migliore risposta che potresti dare. Quanto dirai, infatti, non essendo filtrato dalla razionalità, dalle istanze censorie o da una eccessiva rielaborazione, sarà il racconto più ricco di significato che potresti condividere con il tuo terapeuta. In esso sono racchiuse, non solo la tua sofferenza, ma anche ulteriori informazioni che torneranno utili nell’intero percorso terapeutico, come ad esempio il modo in cui vivi te stesso e gli altri, i tuoi meccanismi di difesa, le tue aspettative ecc…
Ma cosa farà il professionista mentre io parlo?
Ogni psicologo/psicoterapeuta ha il suo stile personale e professionale, in base al tipo di studi fatti, all’orientamento e alle attitudini personali. In linea generale, il famoso lettino su cui stendersi e parlare mentre l’analista ascolta in silenzio (per parte del tempo), non è una prerogativa di tutti gli studi di psicoterapia ma una caratteristica specifica dell’approccio psicoanalitico. Negli altri sudi, solitamente, i colloqui si svolgono vis à vis, ovvero paziente e psicoterapeuta sono rivolti l’uno verso l’altro. Ancora, il professionista può scegliere di ricevere i propri pazienti alla scrivania, oppure seduti su poltrone o divani.
Nel primo colloquio sarà dato grande spazio al contenuto dei racconti del paziente. Nella maggior parte dei casi, il professionista resterà in silenzio ad ascoltare, proprio perché le prime frasi espresse dal paziente hanno un enorme valore terapeutico e umano. Solo successivamente, lo psicologo può decidere di porre al paziente qualche domanda col fine di ottenere maggiori informazioni che lo aiutino a comprendere meglio il tipo di disagio raccontato e a contestualizzarlo meglio. Egli può fare ciò chiedendo al paziente, per esempio, di descrivere qualche situazione specifica oppure chiedendo di ampliare il discorso, ricordando ulteriori momenti in cui è stata sperimentata la stessa emozione o conflitto ecc…Infine, nello stesso colloquio o in uno successivo, lo psicologo procederà con l’effettuare un’accurata anamnesi del paziente, ricostruendo la sua vita fino a quel momento, esplorando i momenti felici e quelli meno felici. Con molte probabilità il terapeuta vi chiederà se avete qualche diagnosi medica, se assumete farmaci, se avete mai vissuto traumi, come è composta la vostra rete sociale e familiare, ecc…
È comunque difficile fare una stima assoluta di ciò che accadrà e del modo/momento in cui avverrà; ricordiamoci che ogni professionista è prima di tutto un essere umano con il proprio stile relazionale e professionale e, in quanto tale, può scegliere di riadattare, ovviamente senza stravolgere, le regole del setting e l’approccio al paziente. Ad esempio, non tutti i terapeuti prendono appunti durante la seduta, qualcuno può decidere di prenderli solo nella fase anamnestica, per essere certo di non perdersi informazioni importanti, qualcun altro, invece, può decidere di appuntare durante tutti i colloqui solo alcuni momenti più significativi, altri di non prenderne mai, perché preferiscono mantenere un contatto visivo con il paziente, mettendo al primo posto la costruzione dell’alleanza terapeutica.
Anche il prezzo di ogni seduta può variare in base alla scelta del professionista e al suo modo di lavorare (è uno psicologo o uno psicoterapeuta? lavora con il singolo o con coppie e famiglie?)
In sintesi, nonostante la paura, l’ansia e i dubbi che si potrebbero sperimentare prima di compiere un passo così importante (uscire dalla zona di comfort richiede sempre uno sforzo!) il colloquio psicologico è uno spazio in cui potersi sentire, forse per la prima volta, liberi di esprimere i propri desideri e i propri bisogni, senza il timore di essere giudicati. La psicoterapia è infatti un momento, non di valutazione critica da parte dell’esperto a cui si sceglie di affidarsi, ma un momento di accoglimento, di empatia e di costruzione di nuovi significati.
Per concludere, se dopo la prima seduta hai qualche domanda o dubbio particolare da porre al suo professionista, non avere il timore di farlo. Elaborare assieme eventuali reticenze, paure, o resistenze è parte integrante del trattamento!